lunedì 31 gennaio 2011

Le partenze.

"Ma perché non te ne vai?"
Se ne vanno tutti. Quelli che vendono aspirapolveri in Germania, quelli che fanno i corsi di inglese a Londra, quelli che vanno a vendere le birre Peroni a Madrid, quelli che finiscono a montare le bici a Bruxelles. Conosco uno che è andato in Albania a vendere servizi turistici.
Secondo me, tra un mese, è in galera. Ma questo è un altro discorso.
Il punto è che stanno tutti meglio di te. Perchè osano, dicono; perché hanno coraggio.
E io non ce l'ho il coraggio?
Certo che ce l'ho! Guardo la tv tutti i giorni e non c'ho nemmeno gli incubi, dico...
Diciamo che io mi sono rotto, il c..oraggio, di avercelo.
Che poi, a guardare bene, forse ci vuole più coraggio a restare qui.
Allora, ricominciamo da capo.
Secondo me, è questione di persone cui ispirarsi.
Io ero indeciso tra Maurizio Costanzo e Renzo Arbore.
Ho scelto Renzo Arbore.
Il clarinetto, oppure Bingo Bango Bongo sono così geniali che devono epr forza avere un significato escatologico.
Non so, magari no. Però c'ho avuto un flash.
Sto diventando uno dei più grandi accaniti sostenitori della fuga dei cervelli.
Fate bene, via! Andatevene! L'Italia è un paese da due lire (con un'inflazione molto alta, oltretutto... le due lire di oggi non valgono nemmeno una lira di ieri, fai te...), i politici sono tutti dei cialtroni, i preti vanno coi bambini (all'estero no, sia chiaro. Sono i preti italici che sono degli zozzi!) e l'aria è irrespirabile. Ah, la tv fa schifo. Invece, nel Benelux, mi hanno detto che ogni sera uno show nuovo. Non si capisce cosa dicano, ma quello è tutt'un'altra storia.
No, perchè diciamo. Più se ne vanno, meno siamo. Per questo Arbore...
E io posso finalmente smettere di sentirmi come una mucca legata all'anello dei basamenti di cemento dei porti.
Vieni via anche tu?, fa meno uno.
No, io non me ne vado.
Cazzo, più uno.
Ma come no? hai detto anche tu che l'Italia bla bla bla...
Sì, ma per me è diverso. Io qui c'ho la mamma...Andate, andate pure, voi...
Sì, affan.. Ma cordialmente.

Questione di educazione.

Io credo fermamente che la questione lavoro sia legata alla formazione materna.
Se mia mamma mi avesse insegnato che chiedere permesso non serve a una mazza, io credo che avrei anche un lavoro.
E invece no.
Io chiedo permesso, e loro mi dicono: stai fuori.
Allora, da oggi si cambia.
Per far capire che sono uno determinato, per prima cosa smetto di lavarmi.
O meglio. Non è che smetto proprio, mi dò delle tempistiche.
Non sto più in doccia dopo i sei minuti. Sapone, non sapone non importa.
Almeno, se non si ricordano del mio Cv, si ricordano del mio odore.
Puzzo? Embe? Chè sei razzista?
Non ho capito, ti tieni il vecchio con la prostata, la signora che c'ha il pannolino e non ci puoi stare accanto in ascensore, il bambino che ha i denti sotto le ascelle e io, che ho solo l'odore, mi cacci?
Ho capito: leccami l'alluce e dimentico tutto.
Perchè uno deve andare lì e battere la lingue finchè il dente è caldo.
Bisogna vertere sulle forme di pensiero liberal che il cattolicesimo ci ha insegnato: ricordatevi che Gesù era disoccupato.
Hanno aiutato lui, hanno aiutato Ruby, perchè nessuno aiuta me? Forse dei avere la U nel nome?
(poi diciamocela tutta: se non iniziano a darmi qualche lira per quello che faccio, fai te che poi l'aiuto me lo deve dare fratel Ettore, perchè finisco sotto i ponto della Centrale).
(E non facciamo dell'umorismo sull'andare ad Arcore, perchè l'unica cosa che posso permettermi -anche a volerlo fare, sia chiaro. Non voglio farlo, ma a vole... ndolo... va be'.)
(Il fatto che Troia e Trota abbiano solo una lettera che li differenzia, ma nessuno ci ha mai messo un occhio?)
Comunque.
Mi hanno detto che bisogna avere anche un piccolo punto di arroganza.
Da ieri ho una forma, per i colloqui. Quando vado via, li guardo e insisto:
"Ok, se mi chiamate, bene. Se non mi chiamate, sappiate che siete str...?"
"onzi?"
"trani. Mica sono così maleducato"
e se non si ricorda... mi ricordo io.
E alle 6, quando escono, li aspetto sotto e li meno.

giovedì 27 gennaio 2011

Il lavoro dei miei sogni.

Io, ad un certo punto, credevo anche di averlo trovato, il lavoro dei miei sogni.
Solo che lui non se ne è accorto.
Oppure se n'è accorto ed è scappato, perchè ormai anche i lavori hanno paura di impegnarsi seriamente in una relazione stabile.
Bastardi maledetti.
Quando esco dai colloqui falliti, mi succedono sempre cose stranissime.
Una volta, esco da un colloquio, loro praticamente mi prendono per il culo tutto il tempo:
"Guarda, siediti pure dove vuoi"
Mi guardo attorno, non c'è la sedia.
Come Fantozzi, mimo di essermi seduto su una sedia.
Io ho la giacca, loro sono a Roma e ovviamente qui a Milano faceva più caldo.
Se non ho il lago di Como sotto le ascelle, diciamo che me la gioco con il lago di Bracciano.
Anche perchè Braccia- no e ascelle... va be', tremo da solo.
Le domande:
"Sai cosa facciamo noi della televisione?"
La televisione...? Non è che sono tecnici del tubo catodico?
"No. va be'. Sai cosa facciamo noi che lavoriamo come autori in televisione?"
I carpentieri edili, penso.
Oppure siete come quelli che vendono gli accendini alle prostitute per accendere i fuochi lungo le strade, penso.
Comunque rispondo in maniera assennata.
"Ti piace la televisione?"
Certo, cazzo. Cosa credi che sia venuto a fare, fin qui? Pensi che voglia entrare nella tv per distruggerla dall'interno? E chi credi che sia, Amadeus?!
Va be', il colloquio va come va.
Loro, gentilissimi, mi dicono anche di non farmi più vivo, non chiamare, non disturbare, alla fine è stato bello così, perchè rovinare tutto?
Ma io non ci sto: basta! Bisogna reagire! Mica siamo qui a prenderci per il culo, no?!
Io non sopporto di essere trattato così!
Mica sono la vostra pezza da piedi! Basta!
RIVOLUZIONE! Vendetta!
Vaffanculo, sibilo tra i denti, mentre mi avvicino alla porta.
Andatevene tutti affanculo, ripeto mentre afferro la maniglia.
Apro.
Tiro.
Non si apre.
Tiro più forte.
Non si tira.
Scuoto.
Non si scuote.
"Scusate, per piacere: non riesco ad uscire, mi aiutate?"
Che eroe, che sono.

sabato 22 gennaio 2011

Gli uomini di buona volontà

Son due le cose: o ci credi o no.
Io ci credo. Io mi sbatto.
E ai colloqui ci vado.
Esco di casa, faccio dieci minuti a piedi. Prendo il treno, cambio, corridoi, metropolitana, centomila fermate, due o tre volte ho anche paura che mi ciulino il portafoglio, leggo, sto attento, scendo.
Sono dall'altra parte della città.
Cerco la strada, chiedo informazioni, trovo la via, contollo il numero civico.
Ovviamente sono dall'altro lato.
Attraverso, cammino, corro, sono in anticipo.
Bene, buongiorno, sì, Gloria?, sì la chiamo.
Intanto compili il questionario.
COmpilo, faccio, sto attento, le date.
Tocca a me, sono agitato che nemmeno dal medico per sapere il test dell'AIDS.
Perchè, hai rapporti occasionali? Sì, ma non sessuali.
E allora di cosa ti preoccupi?
Sai mai che... E poi: che cosa mi convocavano a fare, se non c'era niente di cui...?
Va be'.
Comunque, il colloquio va bene. Sono sciolto, tranquillo.
Se non prendono me, non prendono nessuno.
Faccio quello che vuoi, magazzino, faccio le scatole, bolle, pacchi, tutto.
Faccio anche il caffè e, se mi impegno, faccio anche le uova.
Fresche, freschissime, stai scherzando?
Cosa hai studiato, università, laurea, Master, tutto... bene...gli ultimi lavori, cosa ti piace, sai l'inglese? Certo! Bene bene... il lavoro è da magazziniere, lo sai, sì? Certo...
Il Master, ok perfetto... Bene...
Ancora una cosa: Un milione, novecentrosettantaduemila, quattrocento venticinque, virgola 17 fratto la radice quadrata di millesettecento quarantadue, virgola 3?
Sì, so anche questo, bene...
Lei annuisce, io sorrido. Dopo mezz'ora e tutto sto sudore, sorrido, sì... Dai, cazzo, se non mi prendono a me... Se non era rigore questo!
Lei si alza, annuisce, sorride... sembriamo due scemi, sorridiamo... nemmeno se facciamo lo spot ai dentifrici.
Ah, la società dell'apparenza!
Dimenticavo, mi fa. Il posto lo abbiamo dato via ieri. Volevamo conoscerti e ti abbiamo fatto venire fin qui... ma tranquillo, appena troviamo un posto, è tuo! Hai preferenze?

Sì, vorrei fare il garzone in un panificio. Oppure consegnare l'Ore Sette del Corriere.
Lei scuote la testa.
Io vado, affranto.

"Ah, scusa: posso chiederti una cosa?"
"Certo!", rispondo.
"Un cappuccino, grazie"


PS: Ora. Faccio i sogni e il mio cervello mi fa incontrare uno che mi fa:
"ok, tu non trovi lavoro. Il problema è legato alla crisi, e la crisi è legato all'imbarazzo in cui si trovano le compagnie petrolifere. La colpa è di Amadeus che non vuole vendere le sue quote dell'Agip all'IP. Ha quattro azioni soltanto, ma pare ci tenga molto.
Appena lui si convince a cederle, stai tranquillo, la cosa del tuo lavoro si risolve. Basta averci la voglia e la buona volontà."
E mi sento rassicurato.
Amadeus maledetto.
Amen.

venerdì 21 gennaio 2011

Telefonate

Quando si aspetta una telefonata, sembra di capire a fondo cosa provano i padri in sala parto.
Non è un'ansia, di più. Non è solo un'attesa carica di angoscia, è diverso.
Sembra di aspettare... l'uccisione del maiale.
Avete presente -tutti, ovvio... assassini da macelleria- dicevo, avete presente il pianto del bambino? Il maiale piange così.
Solo, che non si capisce bene che cazzo pianga a fare.
Scappa, no? E lui piange. Divincolati, mordi, fai quello che puoi.
Invece no.
Lui sta lì, immobile. Grufola appeso per i piedi.
Pure io.
Ma il mio coltello è il telefono.
Non suona, non vibra, non piango.
Bestemmio, proprio come il maiale.
Solo che il mio coltello è immobile.
E se suona... è mia madre.
"Vieni a mangiare?"
"No, mamma..."
"Ma mangi?"
"Sì, mamma"
"Sicuro?"
"Sì, mamma"
"Ma..."
tu tu tu tu tu tu
Essere scortesi non è bello.
Ma nemmeno essere maiali è bello.

Da quando cerco lavoro e aspetto una telefonata, non faccio tutte quelle cose che inibiscono le risposte.
Come è cambiato il mio comportamento.
In ordine:
non spengo più il telefono;
non faccio più la cacca;
non faccio più la doccia;
(veicolatori di telefonate)
vietato uscire;
(distrattore)
vietato andare in box;
(non prende)
vietato andare in posti dove c'è troppa musica;
la vibrazione mi mette ansia.
La sento anche quando non c'è niente.
E visto che tengo il telefono nella tasca dei jeans, ho sempre una mano sui coglioni.
La gente mi evita.
Sono turbato, molto.

Stanotte ho sognato che c'era gente che mi offriva lavori diversi.
Moltissimi.
Poche ore dappertutto.
Sottopagati.
E io accettavo.
Neppure nei sogni uno si libera dalla crisi.
Uno di questi lavori era raccogliere palline fecali di capra (esiste il termine fecale? Era merda, comunque) da mangiatoie di mucca.
Per l'igiene.
Io rispondevo: "Ma se stanno sempre con il muso nel fango, che cosa caz..."
"Stai zitto o..."
"Mi cacci?"
"No, mi devi lavare i piedi"
Son stato zitto e mi son messo giù a raccogliere.
Il fatto poi che sia arrivato Cesare Cesaroni, accaldato e vestito da maratoneta, e ci si sia buttato dentro, senza sapere delle capre... be', ad un certo punto, ridevo insieme a Claudio Amendola.
Non so come sia la dinamica dei sogni.
Ma loro ridevano.
Io pure.
Poi abbiamo cacciato Max Giusti dal sogno perché ci annoiava tremendamente, a me e Amendola.

Ah, oggi vado a un colloquio.
Laurea Master e esperienza pregressa.
Ho tutto.
Soprattutto una laurea e un Master.
Lavoro?
Magazzinaggio.
No work, no pain.
Senza lavoro non c'è pane.

lunedì 17 gennaio 2011

Oggi vado a un colloquio.

L'altro giorno mi chiamano e mi fanno: "Siamo interessati al tuo Cv. Vieni?"
Cerco lavoro e quindi, ecco, ci vado.
Entro e nessuno mi caga.
Avanzo e nessuno mi caga.
Forse sono troppo occupati a lavorare, mi dico.
e invece no.
Mi chiamano, faccio il colloquio, mi siedo e tutto il resto e, durante... nessuno mi caga.
Praticamente, il colloquio sembrava che lo facessi io a degli sconosciuti.
Anche perchè non solo non mi hanno detto quello che devo fare. Non mi hanno detto quello che avrebbero dovuto fare loro.
Inoltre, non mi hanno chiesto nemmeno quello che ho fatto.
L'unica cosa chè ho scoperto: se ci paghi, allora lavori.
Ma come? Già io non ho voglia di lavorare in generale, devo pure pagare per lavorare? Ma tu pare? Sarebbe come dire che non solo devo fare la prostituta, ma dare via il culo deve pure diventare il mio hobby?!
Guardo il signore e mi viene un dubbio: forse non ci siamo capiti. O forse non ho capito io. Non rispondo.
E fatto sta che io i soldi non glieli voglio dare.
E voglio vedere: già pago con difficoltà le tasse, le scarpe e persino le pizze che ho già mangiato, figuriamoci se poi devo pagare anche quello che NON compro!
Poi, punto due.
"Lei deve capire che il lavoro, uno deve crearselo..."
In che senso, scusi?
E me lo spiega. E a me mi viene voglia di sputare tre volte per terra, come in Russia, per scacciare il diavolo.
Io capisco che c'è crisi. Ma approfittarne è da bastardi!
Il tipo mi fa: tu devi procacciarci i clienti. Come fare? Vai dai più deboli, da quelli che non ce la fanno... i pensionati, no? Gli uomini cui le mogli hanno tolto i figli! Le badanti straniere senza permesso di soggiorno... praticamente, pensa: se tu riesci a trovare una persona che sai che pagherà male, allora... meglio!
Così noi gli diamo 1000 euro, gliene chiediamo 1170, no? Loro non ci pagano e noi aumentiamo! Non ci pagano? E noi, ancora!
Insisti a non pagare? E noi ti portiamo via la casa, la macchina, la radio, le cassette di cachi, quello che hai... e comunque ci guadagni, capisci?
E se prendi i disperati, allora ci guadagni anche tu!
Ok, a questo punto... quanto?
Boh, fa lui, un tot a cliente.
Ok, ma quanto?
Boh, un tot... tipo.. mille lire, no? Tu mi porti un cliente e io ti dò mille lire..
Lui, soddisfatto, mi tende la mano.
Ci guadagni tu e ci guadagno io, no?
Io la guardo e penso a Pertini: cosa devo fare, sputarci sopra o morderla?

domenica 9 gennaio 2011

Oh, ma avete mai cercato lavoro?
Nel senso. Non UN lavoro, ma IL lavoro.
Che fai?, dice.
Lavoro, signora.
Sì, ma che lavoro?
Eh, che lavoro? Il lavoro!

Sembra più difficile che camminare in un campo di ortiche senza mutande.
Uno ci prova, fa quello che può, ci crede, ma alla fine... il telefono è muto.
Io faccio anche le prove. A volte, prendo il cellulare e mi telefono.
A volte, chiedo a mia madre di telefonarmi per sapere se il telefono funziona.
Ma appena un attimo dopo, mia madre mi chiede: ma come stai?
Io subito: CLANG! Riattacco.
Sia mai che mentre sono al telefono con lei, loro mi chiamano e trovano occupato!
Mia madre mi detesta. Ho ancora dei rapporti con i miei solo perchè mi vedono deperire e ogni tanto mi invitano a mangiare.
Mi nutrono, ma non mi amano.

Va be'. Vado a scongiurare di solelvarli anche da questo incarico.
Buona giornata.
Grazie.
Si figuri.
Sempre gentilissimo, lei.
Ovviamente.
Certo.
grazie, ciao
Ciao.

(ma appena mi giro, sento un sibilo: ma vedi sto stro... e io: ma vattene aff...)

sabato 8 gennaio 2011

Uno ricapita per caso in certe parti, dopo tanto tempo. Come quando ci si ritrova a ripassare nei posti dove siamo stati anni e anni prima in vacanza.
Io ricordo esattamente un muro, appena entrati nella città di Pitigliano, che aveva un buco e una lucertola che ci camminava sopra.
Mi chiesi se ci aveva mai messo la lingua, in quel buco, quella lucertola.
Quando ci sono tornato, era diventato un buco più grosso e qualche mozzicone ci galleggiava dentro. Pioveva e io avevo i piedi bagnati e la maglietta mi pesava sulle spalle.
Ecco cosa. C'è qualcosa che ti viene, che ti prende, che non si sa che cosa sia, no?
Ma poi si sta lì e si guarda. Si guarda ogni cosa, si cerca di recuperare un qualche dettaglio che ci era sfuggito, che magari è cambiato e, solo il notarlo, lo fa sembrare un ricordo più vivido.

Il punto è che certe volte, quando uno ricapita in quei posti, in quelle situazioni, l'unica cosa che si avverte è il sapore amaro del tempo che è passato.
Non so, sarà che dalla mia finestra, sotto lo scuro e sotto la nebbia, la città sembra immersa in un barattolo di burro sciolto.
E tutto quello che provo è un'enorme stanchezza, per quello che non riesco a fare.