giovedì 14 febbraio 2008

Dieci

Nel capitolo precedente: ma pensa te. Mi dice che ha ricevuto una lettera dal signor Anselmo.
Il quale, all'anagrafe: morto.
Mah.
E gli diceva pure di portare una lettera, un'altra, a un signore, il Turri.
Che chissà chi cazzo è.
Ma insomma.
Meno male che la comare del bar di fronte lo ha scambiato per un Carabiniere.
Altrimenti vai a sapere che cosa andava a raccontarmi.
Ma sì, va, volentieri.
Due minuti, fumiamo va.
Almeno, le cose saranno più veloci.
Almeno, per adesso.
Almeno credo.


Lasciai tutto com’era, non pagai né salutai. La Comare non disse niente. Da quando facevo parte dell’Arma, aveva iniziato a temermi. E il timore è la base del rispetto, mi aveva detto la professoressa di greco e latino il primo giorno del liceo.
Arrivai e, come al solito, mi preparai un altro caffé, con la sambuca e la sigaretta sul piattino. Certe abitudini sono salutari, e non vanno cambiate. Aveva ragione su questo punto il signor Anselmo. Un uomo aveva bisogno dei suoi ritmi e delle sue certezze. Spensi la televisione e accesi la radio. Per evitare l’anarchia, lì dentro avrei preso io delle decisioni. Avevo sempre ammirato i grandi condottieri, Stalin in testa, e da loro dovevo pur imparato qualcosa. Non potevo prendere a picconate la televisione, come era stato fatto con Trockji, però potevo cercare un modo più moderno, più consono alle mie esigenze, seppur non tanto radicale. Avrei manomesso il cavo dell’antenna. E finché un tecnico televisivo non fosse andato a letto con una signorina, nessuno avrebbe contestato lo strapotere della radio.
Suonava la sigla del GR1 delle 13.00, quando il campanello suonò e i passi di Emily si avvicinarono al bancone. Li si riconosceva perché era una delle poche donne, se non l’unica, che camminava come un metronomo. Batteva in quattro quarti, certi giorni, come se stesse tenendo il tempo per una canzone raggae che solo lei conosceva.
In pochi secondi, con i gomiti appoggiati al bancone, le sue labbra a fissarmi immobili, le spiegai tutto. Sorrise spostando il peso sul piede sinistro.
“Andiamo da questo Alessandro Turri. Stasera stessa” fu la sola cosa che mi disse, prima di prendere le stanze con un cliente abituale.
“Non hai capito”, le risposi sperando che mi sentisse, “tu non ci vieni. Te l’ho detto perché lui…”
Ormai era lontana e già presa dai suoi impegni.
“Ma va’ via, vai…”, sibilai
Qualsiasi cosa avessi potuto dire, sapevo bene che sarebbe stata inutile. Le labbra mute delle donne non lasciano alcuno spazio alla discussione dialettica.

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